Latifondisti del consenso

La maggior parte della stampa è pagata con banconote segnate da interessi economici, finanziari e politici. Basta considerare questo per comprendere il fenomeno diffuso di testate non “di servizio a” ma “al servizio di”, che gestiscono conto terzi parole d’ordine a volte molto nette, a volte composite o sfumate. E più subdole, perché agganciano un maggior numero di lettori e fanno il paio con partiti senza una linea chiara, che cercano di pescare voti in aree di consenso tra loro differenti.

Non è stato il partito del cielo finto a inaugurare la doppiezza, anche mediatica. Esistevano già partiti e testate giornalistiche che andavano a braccetto, mixando opinioni in una strategia omologante molto efficace. Negli anni Novanta gran parte della mutazione era già avvenuta, per responsabilità di chi avrebbe potuto coltivare un’alternativa culturale e politica e non l’ha fatto. E, peggio ancora, ha immobilizzato ogni spinta al cambiamento riconducendo al proprio controllo terreni di pensiero differenti, per occuparli e poi devitalizzarli in una tattica da latifondisti del consenso. Il partito del cielo finto non ha fatto che innestarsi in una terra già educata da altri alla finzione, e il culto della personalità e della menzogna vi è attecchito bene, forte di un’abitudine alla delega e alla fiducia cieca che assomiglia molto a certe palestre di partito e di chiesa.

Non stupisce dunque vedere riapplicato il vecchio schema della cosiddetta responsabilità nazionale, che annulla la poca distanza tra partiti di ex maggioranza ed ex sedicente opposizione, generando un mostro a due teste appoggiato a due stampelle: da un lato quella del peggiore clericalismo e dall’altro quella “liberamente” offerta dalla stampa, che porta a spasso il mostro come fosse normale.

Un mostro così è capace di mangiarsi in un sol colpo firme raccolte per indire referendum ed anche esiti di referendum, movimenti d’opinione e tentativi diffusi di nuovo impegno sociale e civile, indispensabili nel pieno di una profonda crisi dell’economia e dello stato. Come può accordarsi su nuove norme istituzionali senza minimamente confrontarsi con i cittadini.

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