Intervallo

In queste ore di silenzio elettorale prima dei ballottaggi in varie città italiane faccio passare sullo schermo parole di quarant’anni fa, sempre più convinta che per fortuna alcuni tentativi di ricostruzione (confusi, difficili, tanto ostacolati quanto necessari) siano in corso. Si tratta di processi sociali che avanzano, nonostante la potenza di fuoco dei poteri finanziari e partitici, nonostante l’asservimento dei media, e anche indipendentemente dai risultati elettorali.

“In un tempo brevissimo, la popolazione perderà fiducia non soltanto delle istituzioni dominanti, ma anche di quelle specificamente addette a gestire la crisi. Da un giorno all’altro importanti istituzioni perderanno ogni rispettabilità, qualunque legittimità, insieme con la loro reputazione di servire il bene pubblico.

Bisognerebbe essere indovini per predire quale serie di eventi svolgerà il ruolo del crollo di Wall Street e scatenerà la crisi incombente; ma non occorre essere geni per prevedere che si tratterà della prima crisi mondiale non più localizzata dentro il sistema, ma che metterà in gioco il sistema in sé.

Ci resta ancora una possibilità di capire le cause della crisi globale che ci minaccia e di prepararci appunto a non confonderla con una crisi parziale, interna al sistema. Se vogliamo anticiparne gli effetti, dobbiamo indagare in che modo una brusca trasformazione potrà condurre al potere gruppi sociali fino a quel momento soffocati. Essi non costituiscono un partito, ma sono i portaparola di una maggioranza di cui ognuno potenzialmente fa parte. I loro appelli all’austerità equilibrata e gioiosa potranno assumere il valore di un programma, spiegando chiaramente che cosa vogliono, che cosa possono e di che cosa non hanno bisogno.

Non mi riferisco a un partito politico destinato a prendere il potere nel momento della crisi. Lo Stato-nazione è diventato guardiano di strumenti così potenti che non può più svolgere il suo ruolo di quadro politico. I partiti sostengono uno Stato il cui scopo dichiarato è la crescita del Prodotto interno lordo: è inutile contare su di essi quando arriverà il peggio.

Una crisi generalizzata apre la strada a una ricostruzione della società”

(da: Ivan Illich, La convivialité, 1973)

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