Stanza numero sei

S’è rovesciato il latte sul fornello
e non c’è l’acqua calda
fuori le foschie di marzo
nascondono i monti
sale l’angoscia per questo luogo estraneo
lungo il tronco nervoso
mentre mi vesto parlo a gesti

fanno l’educazione a piano terra
nelle case di pietra avvicinate
dai giardini d’intorno
vedono il monte Bianco con occhi
di cielo quei bambini biondi
ridono all’aria rossi dal freddo
le sciarpe grandi girate due volte

larghe placche d’ardesia
coprono spioventi, le mani forti
nella crosta dei metri muovono
dita ghiacciate
quante salite in libera e ritorni
conquistata la roccia ridiventa casa

spazi che infine conosci
aperti all’improvviso
per un giro di vento
seni imponenti sulla superficie
impervia: neve tra cime grigie,
qualche mucca pezzata

piove gelo sottile sulla camminata
serale, agopuntura invisibile
dallo sterrato ai sassi
dietro l’angolo è scura
la vecchia colonia di case contadine
chez Pierre
uno dei figli perde palla oltre il muro
poi sorride sudato

torno all’asfalto e all’ansia
di un letto sconosciuto
e del giorno finito
anche un piccolo fuoco basterà (1996)

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