I cavalieri erranti

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A quattordici anni leggevo l’Internazionale, giornale anarchico stampato in Ancona, che arrivava in sole due copie nell’edicola del mio paese che stava in fondo al corso. La giornalaia puntuale come un orologio me ne toglieva una copia. Ero una ragazzina, e percorrevo tutta la strada fino a lì combattuta tra timidezza e orgoglio per quella scelta così insolita. Poi me ne tornavo a casa per leggere impaziente tutto quello che c’era scritto: sentivo come miei quegli ideali così grandi e giusti, mi indicavano una strada da seguire, una soluzione alle domande che si affollavano dentro la mia mente di adolescente.

Poi venne il tempo delle letture e delle scelte giovanili, differenti soprattutto per i modi con cui perseguivano ideali simili. Altre strade, che non mi impedirono però di incontrare anche anarchici con cui ho camminato un po’: pochi ma buoni, limpidi e generosi, capaci di un sogno, coerenti per una vita intera. Ricordo riunioni interminabili per discutere sulla destinazione di un archivio alla morte del curatore, e poi i racconti su Malatesta e sulla Settimana rossa, sulle riunioni clandestine e sugli arresti preventivi quando passava il re, sulla guerra di Spagna. A volte i fatti trascoloravano in leggenda, tramandando senso e bellezza, coraggio e umanità.

Per questo provo un grande fastidio tutte le volte che la parola “anarchico” viene associata ad atti di violenza e utilizzata per montare campagne, governative e di stampa, utili soltanto a coprire le vere ingiustizie. Si fa presto a dire anarchico, da sempre si fa presto a dirlo.

Intanto spuntano come funghi specie nuove di non si sa quale tipo di anarchia: insurrezionalista, informale, e altre ancora che presto si aggiungeranno, perché fanno un gran comodo a chi rimesta nel torbido e a chi sul quel torbido appoggia strategie di controllo e forza muscolare.

Proprio mentre sulla stampa appariva in pompa magna il resoconto di un’operazione di polizia, che rivela collegamenti tra anarchici in carcere e cospiratori e presunti attentatori a piede libero, mi è arrivata la notizia di un anarchico del mio paese che se n’è andato per sempre. Era un uomo buono e onesto, terzo di tre fratelli cresciuti a pane e libertà: questi sono gli anarchici, e questi voglio ricordare.

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