Crociata elettorale

Non finirò mai di ripetere quanto sia necessaria per uno stato la laicità, garanzia di equilibrio tra cittadini con sensibilità differenti e di separazione netta, per chi crede, tra fede e interessi materiali. L’Italia, si sa, per avere il Vaticano in casa è forse la peggiore anomalia del mondo in questo senso. Nei brutti giorni del caso Englaro me la presi con un frate francescano e gli chiesi cosa fosse, per la chiesa che lui rappresentava, la pietà umana. Gli chiesi anche perché la sua chiesa non prendeva posizione di fronte alle infinite ingiustizie dettate dalle agende politiche di turno. Mi rispose di andarmi a vedere in Internet l’aria differente che tirava in altri paesi. Gli chiesi: America latina? Mi rispose: non solo. E aggiunse: in Italia il problema è il Vaticano. Ecco, questo mi va di ripetere oggi a monsignor Crociata (niente ironia, si chiama proprio così) che, a nome della Cei, ha appena emanato il catechismo dell’elettore, di cui parla la Stampa di oggi. Il suo contenuto, a metà tra bolla papale e politichese, è comunque di facile comprensione: un tempo andava votata la Democrazia cristiana e oggi il cattolicesimo, sparso in varie formazioni partitiche. Frasi del tipo: non farsi ingannare dagli imbonitori di qualsiasi sorta; non essere provinciali o localisti; favorire uno sguardo nazionale che si collochi in un orizzonte più vasto, europeo e internazionale – si traducono in esplicite indicazioni di voto, a favore di altrettanto definiti leader politici. Questo già non è poco, ma tutte le linee guida elettorali della Cei andrebbero smontate riga per riga con un’infinità di fatti concreti che anche la chiesa, come la stragrande maggioranza dei partiti, ignora e mistifica. Faccio solo qualche esempio. Si dice che non basta guardare soltanto alla crescita economica e si fa riferimento a una ricerca e visione del “bene comune”. L’allusione a valori non economici (antitetici, se non nelle parole almeno nei fatti, alle forze politiche verso cui la Cei pretende di orientare) è davvero insostenibile, come l’appropriazione indebita dell’espressione “bene comune”, ormai svuotata del suo senso e della sua importanza originari da chi ne ha fatto uno slogan alla moda e un titolo vuoto da dare a un paragrafo, altrettanto vuoto, del proprio programma elettorale. Si potrebbe dire che ogni inganno comincia dalle parole, o comunque in esse trova un alleato efficace. Si parla, poi, di un non meglio definito “progetto di società”. Roba d’altri tempi: chi abbia conoscenza di un vero progetto, se non di società, quanto meno di gestione del paese che sia sistematico, completo e soprattutto equo e conseguente in tutte le sue articolazioni, me lo segnali perchè in giro non ne ho visti. Al massimo ho letto di risposte pragmatiche a singoli problemi, o magari di una visione un po’ più ampia in qualche determinato settore (es. ambiente). In questi ultimi casi, poi, gli autori dei programmi non sono quelli che la Cei benedice.
Precisando che il tono di tutta l’esternazione della Cei esprime la sua superiorità su una massa di presunti ignoranti e irresponsabili (forse incapaci, come si dice, di “discernere”), chiudo con un’ultima dichiarazione più o meno testuale: l’astensionismo è un problema molto grande e non votare è portare acqua alle difficoltà del paese. Punto e basta, senza analizzare le gravi cause che spingono all’astensione tante persone ferite, tradite, disorientate. A onore del vero, c’è anche qualche astensionista attivo che nella società vota tutti i giorni, ad esempio boicottando banche, prodotti commerciali, concentrazioni televisive e giornalistiche, associandosi in attività di utilità sociale, mantenendosi onesto e coerente in un sistema che continuamente lo impedisce.  E invece la Cei trasferisce un problema che è a monte su una sua conseguenza, additando l’astensionismo come una vergogna pubblica e facendo leva sul solito, cattolico senso di colpa. Al “se sei comunista confessalo” di antica memoria si sta sostituendo un “se sei astensionista confessalo”. Se è così, confesso subito di avere già peccato. Nel solo pensiero, però… E che dio, se davvero c’è ma non in Vaticano, nella notte preelettorale mi porti altro consiglio.

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