I rottamatori della Resistenza

resistenzaUna deriva autoritaria attraversa da decenni questo paese. E’ un’energia insana che non si consuma mai e sempre si modifica, prendendo forme di superuomini e interessi al seguito, siano essi locali, nazionali o sovranazionali. E di apparati che garantiscono consenso, controllo, repressione. Istituzioni, media, forze dell’ordine e intelligence: tutti al servizio del garante di turno dei poteri finanziari e dei mercati, delle élites visibili e invisibili, delle mafie.
E la politica si adegua, cambia pelle. Forte della distanza dalle basi sociali, sdogana il cinismo, il decisionismo e la velocità di pochi uomini al comando. L’una e gli altri sono lontani dal comprendere una crisi di sistema senza ritorno. L’una e gli altri sono indisponibili all’ascolto di moltitudini, di minoranze e movimenti, trattati sempre più come massa da imbonire, depredare e reprimere.
Questa è la società per la quale i partigiani hanno combattuto? Queste la libertà e l’uguaglianza scritte con il sangue dentro la Costituzione? Quale filo lega ancora la Resistenza, la Costituzione e le rappresentanze politiche?
Anche il partito che ne ha sempre preteso paternità e continuità ha sposato da tempo un revisionismo senza precedenti. Partito ormai impresentabile, per il trasformismo e l’organicità con cui ora segue la scia del ventennio berlusconiano e fascista.
Quel filo non c’è più, rottamato insieme ai valori fondanti di un paese che si voleva civile, ridotti a vuote parole di marketing, elettorale e personale. Come la Resistenza, anch’essa parola di marketing e di retorica insieme, per vuote commemorazioni di facciata.
Sfilano immagini senza carne e parole senza sostanza, alle quali resistere in nome della Resistenza.

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