Era la festa del lavoro

Il primo maggio era la festa del lavoro, oggi è un misto irriconoscibile: giornata di lavoro come tutte le altre, giornata di lutto per chi muore di lavoro o di crisi. Spero tanto che qualcuno stia tenendo la lista delle morti bianche e quella dei suicidi di ogni età e condizione sociale, che si allungano di giorno in giorno.

Se il mercato comanda, uccide: c’è poco da fare. Pennivendoli e pseudointellettuali, che si buttano sempre dalla parte che più a loro conviene, possono sprecare tutto l’inchiostro che vogliono per spiegarci che il mercato ha sfamato e il comunismo ucciso milioni di persone: le liste dei morti per neoliberismo chi le aggiorna, la Bocconi o Il Corriere della sera?

Nunzia a settantotto anni è volata dal balcone a Gela, Dimitris a settantasette anni si è sparato in piazza Syntagma, davanti al parlamento greco: erano due pensionati. L’elenco potrebbe continuare con nomi di imprenditori, licenziati e disoccupati, in Italia come in Grecia. Muoiono giovani, uomini di mezza età, a volte pieni di vita e anche politicamente impegnati.

Questo è il volto feroce della ristrutturazione del capitale drogato dalla finanza, transnazionale, cinico oltre ogni umana misura. E osceno, perché quando anche la morte viene ricondotta all’ineluttabilità di un destino economico, e posta quindi sullo stesso piano o addirittura al di sotto delle necessità dettate dalla ragione di mercato, vuol dire che si è compiuto pienamente quel rovesciamento di valori che sottopone l’umanità come oggetto e merce all’onnipotenza incontrollata di qualche carnefice.

Il sistema ci vorrebbe esattamente così, devitalizzati, fuori dal circuito delle decisioni, pronti in fila per una morte autoprocurata che ci eviti di gravare sul bilancio dello stato. A una simile aberrazione non bisogna arrendersi, cedendo alla paura o più semplicemente  abituandosi. Guai a isolarsi, a chiudersi nella vergogna di un fallimento, nell’impotenza che schiaccia, nel senso di colpa che annienta.

Oltre a quello che può essere fatto con la sola buona volontà servono anche professionisti: psicoterapeuti di strada, disponibili gratuitamente per chi non ce la fa. Esistono già in Italia esperienze simili?

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