Una finta di corpo e sei davanti
alla porta, tira finché sei in tempo
mentre il paese crolla nell’acqua
di fossati secchi da secoli,
in un errore liquido che scende
verso il mare trascinando
i cementi degli argini
ora la piazza è uno stadio
di folla, fitta sotto bandiere
dai colori più esangui
e dalla rabbia fredda
tira dritto nel fango
di aggettivi e titoli,
spinti a intasare memorie
e caselle di posta
mira alla porta di assenti
temporanei dai giochi,
marca stretto il nemico
che intanto non finisce,
ghiaccio che ustiona ogni giorno
lo scarto e l’appoggio, di reni e
gambe sotto un peso di testa
e poi il tiro lontano che non
si capisce, oltre la piazza
e verso primavera