Le belle bandiere

L’Italia è entrata in guerra contro la Libia ma agli italiani, a cui nessuno ha chiesto se erano d’accordo, il Presidente della Repubblica (che purtroppo si chiama Napolitano e non Scalfaro) spiega con supponenza e anche un po’ di fastidio che non si tratta di guerra ma di un’altra cosa. Come si chiami quella cosa che fa lanciare all’improvviso centinaia di missili a pioggia sulla Libia lo sa solo lui insieme a qualche altra mente eletta, di governo come di opposizione.  In Afghanistan, del resto, dove morte e sofferenza proseguono da anni, guai a dire che si stia facendo una guerra: al massimo si potrà chiamarla guerra umanitaria,  cioè un’altra cosa.

Così il popolo bue, che ha sventolato festoso bandiere tricolore fino a giovedì notte, venerdì mattina si è svegliato in guerra senza nemmeno la libertà di saperlo e di dirlo. Perché il popolo bue non deve né sapere né dire ma soltanto obbedire, né deve scegliere o capire perché, ad esempio, l’Italia abbia armato e sostenuto fino all’ultimo un personaggio come Gheddafi, dittatore da più di quarant’anni, facendoci affari e addirittura un trattato di amicizia. Non deve capire perché tutti gli strumenti di pressione possibili, dall’embargo al sequestro dei beni fino alle azioni diplomatiche più spinte e più corali siano stati se non ignorati almeno depotenziati dalla precipitosa decisione interventista di pochissime nazioni, evidentemente desiderose di fare presto e da sé ma sotto il solito cappello dell’Onu (di nessuna efficacia per le popolazioni da proteggere ma copertura indiscutibile per gli stati partiti all’attacco).

Così, nel giro di un fine settimana, tra tiepide preoccupazioni e grandi bugie per il pericolo nucleare giappponese, tra festeggiamenti per l’unità d’Italia e altre amenità, un governo voltagabbana, privo di ogni decenza e prudenza, ha virato al punto da mettersi a disposizione totale degli interventisti francesi, inglesi e americani con tutto quello che serve per fare una guerra: basi militari, uomini, mezzi. Intanto l’Unione africana ha chiesto per la crisi libica una soluzione africana, mentre la Lega araba ha denunciato l’intervento militare in corso perchè fuori dai limiti della risoluzione Onu che ne è all’origine.

Il mondo è una polveriera, ovunque vi sono popolazioni perseguitate da fame, malattie e soprusi. Cecenia, Darfur, Ruanda e Tibet sono soltanto alcuni esempi.  Vogliamo parlare dell’infinita odissea del popolo palestinese? Vogliamo parlare delle tante dittature, a volte camuffate e anche dorate, che ci sono in giro? Non sempre  però si interviene, e perché? Sarà forse per motivi indicibili? Sarà forse che la caccia di qualche bene al sole, energetico e non solo, spinge ancora verso terre da colonizzare?

Di fronte a certi capi di stato, paladini ipocriti di una falsa democrazia da esportare con le armi (favorendone il mercato e tutto quello ci gira attorno) per riceverne benefici economici e strategici (risorse, mercati, con l’assurdità di ricostruire quello che prima si è distrutto), si prova davvero una grande pena.  Si tratta di uomini rivolti all’indietro, incapaci di diplomazia e di politica, rozzi e utilitaristi. Ottusi, perché il bottino di oggi, per sé e per pochi altri, sarà danno irrimediabile per intere generazioni.

L’articolo 11 della nostra Costituzione dice: L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Subito dopo l’articolo 12 dice: La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso. Chi in questi giorni ha esposto e difeso la bandiera italiana non può non ripudiare la guerra, perché la Costituzione è una e vale tutta.

Questa voce è stata pubblicata in politica e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *