Se rifiuti il pastone

Una cosa molto stupida (p. 97-108) è il titolo del racconto di Erri De Luca che chiude Storia di Irene, suo ultimo libro (Feltrinelli). Sono dodici pagine che valgono molto più del resto: prosa intessuta di poesia e di un contenuto forte, soluzione stilistica che fuziona.
Non può dirsi altrettanto del racconto più lungo: poema mal riuscito o romanzo difficile da digerire, per continue spezzature, frase dopo frase, ad opera di una punteggiatura usata come uno scalpello che stacca la materia e la separa, pure dal suo lettore.
Forse è la voce stessa di Irene che “si spezza in frasi brevi” (p. 35), forse quella del suo autore, sempre presente anche con il proprio passato, bollato come un’onta da chi oggi ne rimuove ogni responsabilità (“lasciavo alle spalle il vuoto di una comunità dissolta. Fu di migliaia, poi d’improvviso diventò rischioso pure salutarsi a un crocevia”, p. 42). Che sceglie il ritmo sincopato per portare poesia in abbondanza dentro la propria prosa fino a farla saltare. Operazione di difficile riuscita forse per chiunque.
E spiace per quell’abbondanza di immagini fortemente poetiche, in un continuo richiamo di realtà (e non di visionarietà o misticismo), che avrebbe potuto generare chissà quanti libri di versi.
Per parafrasare il titolo del miglior racconto, è invece cosa molto stupida che Goffredo Fofi, con davvero pochissimo impegno, abbia stroncato in un sol colpo libro e autore, infilando una serie di tautologie e di accostamenti gratuiti. Senza mai riferirsi allo stile, ad esempio, e dunque prendendo una brutta scorciatoia che fa affogare la stroncatura (di cui invece c’è sempre più bisogno) nel “tutto quanto fa spettacolo”, nella qualità inesistente di tanti contributi giornalistici e, anche, nel livore squadristico dei vari Aldo Grasso, sparsi ormai ovunque, anche nelle testate apparentemente non di destra.
A pensar male, viene il dubbio che l’impegno di Erri De Luca accanto ai No Tav e a vari movimenti (oggi unici semi di resistenza in questo paese, travolto dalle disuguglianze e dallo sfruttamento delle vite, dei rifiuti, e anche delle parole), lo renda indigeribile ai nostri intellettuali sempre, quando si schiera e anche quando scrive.
Ma si sa come funzionano certe penne di regime, pronte a cesellare il piatto dove mangiano e ogni sistema iniquo che lo garantisca. E a rivoltarsi con rabbia in difesa del proprio pastone, non sia mai qualcuno lo rifiuti.

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