I passi della scrittura (due)

Ho terminato la revisione di cinque racconti scritti a partire dal 2007 e ora raccolti sotto il titolo Ultime partenze.

“Non più di un anno” e “Uno dei due” sono varianti del tema della fuga dalle dittature: in uno prevale la condizione della latitanza e nell’altro quella dell’inseguimento.

“Quasi senza parole” racconta invece il rifiuto della fuga e, di conseguenza, una pena da scontare al confino in un’isola.

“Una neve perfetta” parla di una giovane studentessa finita in un carcere di massima sicurezza. In certi passaggi rievoca in maniera assolutamente libera la vicenda di Ulrike Meinhof e le ricerche effettuate sul suo cervello, tra reminescenze lombrosiane e naziste, habeas corpus e profanazione.

Infine “La bicicletta” è un breve racconto sulla Resistenza, protagonista una ragazzina che fa la staffetta tra le sue campagne e la macchia: dei cinque è l’unico presente, in versione non ancora rivista, nella sezione Narrativa del blog.

Unisce questi scritti l’eco di alcune libertà perdute nel corso del Novecento, rialimentato dai rischi di un ventunesimo secolo che in Italia si è coperto di toni leggeri e riduttivi per oltre dieci anni. Oggi la musica sta cambiando con la velocità delle grandi emergenze, ma non cancella lo svuotamento della democrazia ormai avvenuto.

Tutti i racconti usciranno nel blog, uno alla volta e nella loro versione aggiornata.

Chi vorrà ricevere in anteprima l’intero file di Ultime partenze può richiederlo a info@marinadellabella.it

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Di chi è il debito?

Ho ascoltato alla radio la conferenza stampa di fine anno del Presidente del Consiglio Monti: oltre due ore di virtuosismo del vuoto, di elegante nonchalance tra dire, non dire, alludere. Tempo impiegato male, il mio, che ora cerco di mettere a frutto tirando qualche somma.

La comunicazione, soprattutto se pubblica, deve rappresentare la realtà ed essere sincera. Se così non è, l’abilità comunicativa diventa direttamente proporzionale alla sua pericolosità. Una mistificazione più è sofisticata più è insostenibile sotto ogni punto di vista: psicologico e fisico, etico e sociale. Per proprietà transitiva, chi loda o non smaschera un’abilità mistificatrice è pericoloso. Guai a sdoganare una forma priva di contenuto, uno stile fine a se stesso, un’estetica senza utilità.

E invece, retorica su retorica, il giornalismo presente si è arrampicato sul vuoto comunicativo di Monti con fare acquiescente e deferente, per necessità di riposizionamento o, in certi casi, di sopravvivenza da finanziamento pubblico: domande facili facili e poi resoconti edulcorati. Una pena davvero, per l’informazione pubblica e per la democrazia.

Comunque sia, anche una comunicazione quantomeno omissiva chiede di essere letta e interpretata per quello che toglie non a se stessa ma alla nostra vita. Lì si sta consumando una distanza abissale dalla maggioranza delle persone, che invece avrebbero il diritto di essere, oltre che informate, interpellate e coinvolte in decisioni troppo grandi per essere calate dall’alto con tecnicismi chirurgici su delega in bianco.

Fra queste decisioni (tante e gravi, alcune già prese e altre ormai imminenti) vi è per prima quella di attribuirci un debito enorme, costituito e accresciuto per meccanismi e motivazioni ai più sconosciute, accollandocene responsabilità e obbligo di solvibilità in un sol colpo. A chi di noi è stato mai chiesto se e come voleva indebitarsi? A chi di noi è stato mai spiegato il perché dell’indebitamento? Può essere che un debito pubblico agisca con la casualità e l’imprevedibilità di un cataclisma?

La conclusione è una sola: non facciamoci fregare, e chi ha sbagliato paghi. Chiederci di pagare senza capire e decidere è davvero troppo. Guardiamo da vicino la voragine senza fidarci di chi non ce la racconta.

Da più parti si sta discutendo su come uscire da un disastro vecchio in un modo nuovo, che non ci consegni alla recessione e a un vuoto democratico entrambi letali. Per chi volesse conoscere punti di vista differenti, ovviamente ignorati dai media, indico due fonti:

Campagna per il congelamento del debito

Rivolta il Debito!

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Padre

Guarda il sole che cresce
rumore di parole
negli incastri della mente
mancati, sfilati via
seminando perle opache

ne raccoglie una sola
e la spinge tra i denti
con dispetto e rinuncia:

un’ultima pronuncia,
incomprensibile e vera
come questo silenzio

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