La libertà dei giornali

Per ogni dato momento c’è un’ortodossia, un corpo d’idee che, presumibilmente, tutti i benpensanti accetteranno senza batter ciglio. Non è espressamente proibito dire questo o quest’altro, ma non va fatto… Chiunque sfidi il conformismo corrente, si troverà zittito con un’efficacia sbalorditiva. Una opinione che vada veramente controcorrente, non ottiene quasi mai la giusta considerazione, né sulla stampa popolare né su quella intellettuale… (George Orwell, La libertà di stampa)

Sulla Val Susa, dopo la militarizzazione del territorio da parte delle forze dell’ordine, l’impiego di lacrimogeni anche ad altezza d’uomo e la guerriglia di alcuni giovani irresponsabili (letale  per i manifestanti pacifici e funzionale ai loro detrattori) sappiamo dalla stampa quel che le interessa farci sapere. Non solo, gli scontri di ieri sono pressoché l’unico argomento trattato, così da coprire le vere ragioni della protesta. Che sono la costosissima inutilità, dannosa per l’ambiente e la salute, di una grande opera da realizzarsi in quella valle con soldi pubblici. Un’opportunità per i partiti di gestire appalti e clientele, come già hanno iniziato a fare con metodi  assai poco trasparenti.

Che cosa ne pensino gli abitanti della valle e tanti cittadini, che vi leggono un esempio di pessimo sviluppo e un esercizio di regime, non interessa quasi a nessuno. La grande opera, così calata dall’alto da richiedere un presidio armato, s’ha da fare per forza, anche a rischio di diventare un’altra incompiuta. Perché i soldi per finirla non ci saranno: la grave crisi italiana sta già richiedendo, tra tagli e tasse, una manovra da 47 miliardi.

Beppe Grillo, una delle poche voci della libera informazione in Italia, in questi anni si è speso tantissimo per sostenere il movimento No Tav, osteggiato più o meno da tutti i partiti. Ieri è tornato ad esporsi, usando la sua solita chiarezza, quella stessa che usa nel blog quando parla di un “treno merci che dovrebbe trasportare in un lontano futuro carichi inesistenti e in diminuzione da un decennio sull’attuale tratta ferroviaria della Val di Susa. Esiste già, infatti, una linea merci che collega Torino a Modane completamente sottoutilizzata. Un tunnel di 57 chilometri. L’opera sarà finita tra venti anni, un periodo infinito, in cui si prevede un’ulteriore diminuzione dei trasporti europei. A che serve la Tav? Ma soprattutto a chi serve? Chi ci guadagna? Il costo previsto è di 22 miliardi a carico della collettività. La UE ci darà solo 672 milioni (soldi nostri comunque, dato che diamo ogni anno circa 13 miliardi alla UE e ne riceviamo 9). Perché nessuno confuta questi dati?”

Invece di confutare i suoi dati, i giornali di oggi sono unanimi nel crocifiggere Grillo, accusandolo di aver fomentato i disordini. Forse gli invidiano la libertà con cui chiama le cose con il loro vero nome: un regime è regime, un imbroglio è imbroglio.

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Le nuove staffette

Non possiamo più permetterci visioni parziali (del tipo: cosa c’entro io con la Val Susa, con gli operai di Mirafiori o con l’immondizia di Napoli), perché le singole situazioni sono parte essenziale di un pessimo e totalitario modello di sviluppo. Per questo va rimesso insieme quello che il regime divide, perché ogni  sacca di resistenza diventi parte di un sistema sempre più forte. Occorrono nuove, infaticabili staffette, che vadano da un movimento all’altro e da un cittadino all’altro per unire ciò che molti vorrebbero dividere, al governo e non solo.

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Tocca fare da soli

Il risultato delle ultime amministrative e dei referendum ha mostrato che cittadini e movimenti ragionano con la loro testa. Quando si tratta di difendere i beni collettivi, sono capaci di tirare dritto nonostante i depistaggi, gli ostruzionismi e i doppi giochi dei partiti. Sanno spingersi fino alla politica vera, che parte da valori irrinunciabili e da un confronto continuo con i bisogni reali. A loro fa da contraltare l’indecenza di esponenti dell’opposizione in avvicinamento a forze di governo che, per i disastri compiuti, andrebbero invece accompagnate in esilio. Tali strateghi persistono nell’indicare tattiche da nomenclatura, ignorando interi settori della società in fermento, come in Val di Susa, dove i cittadini si autodeterminano, o nei Quartieri spagnoli di Napoli, dove caricano da soli i sacchi dei rifiuti sui camion della spazzatura.

Quanti amministratori di centro-sinistra, al governo locale di Napoli fino a ieri, hanno mandato un aiuto qualsiasi o un messaggio di solidarietà al nuovo sindaco alle prese con l’emergenza rifiuti (che è poi anche l’emergenza camorra)? Anche gli amministratori più giovani, messi a sedere su vecchie poltrone per millantare un nuovo corso, non si comportano diversamente. Sembrano polli d’allevamento, tirati su a mangime e compromesso, specie di Dorian Gray in double-face: da una parte stilnovisti e trendy, dall’altra devastati dalle eredità dei padri padroni impegnati a litigare sul proprio posizionamento (dove mi metto? a sinistra, a sinistra del centro, al centro o a destra del centro?) e sulla scelta del leader (va bene con le “primarie”, con tanto di cordata e scalata, ma poi chi mette la bandiera in cima e piglia tutto?).

Vista la situazione dei partiti, l’unica alternativa possibile è che siano i movimenti e i cittadini sparsi, tutti insieme, a fare politica e anche partito. Internet aiuta, favorendo la comunicazione e l’organizzazione tra pari.  I Movimenti per l’acqua, a questo proposito, sono un’esempio prezioso di come agire e coordinarsi per raggiungere obiettivi concreti. E tanti altri ce ne sono, pieni di idee e di attività in ogni settore, pronti a liberarsi della mediazione dei partiti. Mancano alcuni passaggi (un coordinamento, un programma comune, la rotazione nei ruoli di rappresentanza) del tutto ragionevoli e possibili. Ormai è chiaro che il primato del cambiamento può spettare solo a loro e a chi vorrà sostenerli.

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