Quattro sì che chiedono rispetto

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Ai quattro quesiti referendari del 12 e 13 giugno risponderò sì, ma nel pieno rispetto della democrazia, che individua nel referendum un istituto di partecipazione diretta dei cittadini (cioè senza la mediazione dei partiti) e non una consultazione elettorale sul futuro politico del paese.

Chi sta strumentalizzando i referendum per finalità partitiche, forzandone la natura per raccogliere facili consensi da giocarsi poi sui tavoli degli accordi e delle mediazioni, ancora una volta mostra incapacità o forse non volontà di costruire un percorso politico autentico, basato su scelte ampiamente condivise, di contenuto e non di sola facciata. Mistifica la realtà e distorce la democrazia, spostando l’asse dell’attenzione pubblica da temi importantissimi (l’acqua, il nucleare, la legge uguale per tutti) alla “spallata” che la vittoria dei sì dovrebbe dare all’attuale governo. E ciò per nascondere altro, ad esempio posizioni nucleariste e gestioni privatistiche dell’acqua di tanto e recente centrosinistra, rimosse così velocemente e con così scarse motivazioni da indurre qualche sospetto. Innanzitutto, che ora si cavalchi l’onda di un’opinione popolare diversamente orientata per poi passare all’incasso, se i sì vinceranno, rivendicandone la paternità politica e deducendone un mandato in bianco per il futuro (nel quale, si sa, ci si può dimenticare facilmente di ciò che i cittadini vogliono davvero). O anche che le scorciatoie piacciano più della costruzione seria, responsabile e ampiamente condivisa di un programma di governo alternativo.

Scene già viste, verrebbe da dire, come per il risultato delle ultime amministrative, frutto di una forte volontà popolare disgiunta dalle oligarchie di partito, ma da queste ultime prontamente rivendicato come proprio personale successo. Così, se i partiti al governo minano alla radice la democrazia diretta (l’attacco su più fronti ai referendum ne è un esempio, come anche l’insabbiamento di una proposta di legge di iniziativa popolare per un Parlamento pulito e rinnovato) quelli all’opposizione la forzano, mostrando di non rispettare né l’istituto referendario in sé nè i quesiti che pone né l’autodeterminazione dei cittadini tutta legata a quei quesiti e non ad altro.

E allora domenica prossima andrò a votare dicendo sì all’acqua patrimonio di tutti e da sottrarre alla speculazione di pochi, sì all’abbandono definitivo del nucleare a favore di energie pulite e sì alla legge uguale per tutti, senza eccezione per certe cariche dello stato, che per prime dovrebbero garantire legalità e imparzialità.

Voterò sì anche perché credo che la democrazia vada sempre difesa da rischi o distorsioni di ogni entità e provenienza, come sempre vanno difesi l’ambiente, la salute, la legge e l’uguaglianza, temi prioritari su cui lavorare seriamente e coerentemente se si vuole davvero costruire un’alternativa per e con i cittadini.

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Milano-Napoli, missione compiuta

Ieri scrivevo di alcuni miei sogni, primo fra tutti che oggi un piccione viaggiatore in volo tra Milano e Napoli portasse la bella notizia di un netto cambiamento elettorale. Quella notizia è arrivata, e tra telefonate e messaggi con parenti e amici a casa mia la felicità e la festa sono scoppiate di botto. La speranza che ci accomuna è quella che Milano e Napoli diventino un laboratorio di nuova politica, per un’Italia libera e solidale. Ora comincerà una fase nuova, delicata e difficile, perché si tratterà di combattere i legami tra partiti, poltrone e affari. Ce la faranno i nuovi sindaci a essere davvero nuovi? Ce la faranno a raccogliere la spinta che viene dal basso, da settori del volontariato, da movimenti di cittadini, da individui di ogni età e ceto che stanno chiedendo a gran voce di liberare questo paese dall’incubo del centrodestra e dai recinti di privilegio in cui ciò che resta dei partiti rimane asserragliato?

Che un’altra Italia sia possibile forse non è più un sogno, ma i passi successivi dovranno essere attenti e differenti, perchè questo paese allo stremo non può permettersi altri errori e un’ampia base elettorale che chiede di cambiare i modi e la sostanza della politica non può essere tradita.

Intanto, però, stasera si fa festa, poi dritti ai referendum uniti nel sì.

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L’arcobaleno a Milano e a Napoli

Ieri, a Milano, alla chiusura della campagna elettorale per le comunali è passata una bellissima coppia di arcobaleni, uno dei due era diretto a Napoli…

Sognare si può, anzi si deve, soprattutto nelle situazioni difficili, perché sognando si resiste. E allora sogno che lunedì un piccione viaggiatore voli da Milano a Napoli e da Napoli a Milano a portare la notizia che aspetto, e cioè che la maggior parte dei milanesi e dei napoletani ha deciso di cambiare. Poi sogno che Milano e Napoli diventino un laboratorio di nuova civiltà, abbracciandosi e unendo finalmente l’Italia. Sogno anche che i loro sindaci siano davvero differenti e combattano il marcio che lega a doppio filo i partiti e gli affari. Certo, gli stili del marcio sono differenti, a Napoli più popolare, cruento e manifesto (i rifiuti in strada parlano chiaro), a Milano più elegante e occulto, ma la sostanza è la stessa.

Visto che ci sono, poi, sogno addirittura che il laboratorio Milano-Napoli sia così aperto ai movimenti da far proprio un nuovo modello di sviluppo ambientale e solidale, sostenendo progetti e attività concrete che esistono già ma sono ignorati e ostacolati per motivi indicibili. Lì c’è il futuro di tutti, finora difeso dal grande lavoro e dalla tenacia di pochi, utili quando si tratterà di affrontare una crisi pesante e insieme gli apparati della vecchia politica.

Un’altra Italia è possibile, basta guardarsi attorno, conoscersi e riconoscersi. Basta mettersi in marcia insieme, con il passo sicuro e lo sguardo avanti: la vecchia politica si escluderà da sé.

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