Verrà maggio

Verrà maggio e una seconda Freedom Flotilla salperà per tornare a Gaza e in Palestina a portare aiuti, rompendo l’assedio imposto da Israele. Una nave italiana che ne farà parte viaggerà anche in nome di Vittorio Arrigoni, che aveva scelto di vivere insieme ai palestinesi, condividendone le grandi difficoltà e utilizzando la rete per raccontarle al mondo. Arrigoni è stato  fermato prima della nuova spedizione, da mani omicide di cui si sa poco. Di certo si sa che sono mani utili a Israele, da oltre mezzo secolo prevaricatrice e violenta con i palestinesi e con chiunque ne abbia a cuore la causa.

Per i suoi crimini Israele sarebbe già fuori da ogni contesto internazionale, se non fosse per la grave acquiescenza di stati e gruppi politici di ogni tendenza che, per disinteresse o al contrario per interesse, fanno finta di nulla oppure finiscono per sostenerla. Anche per questo, oggi più che mai sono necessarie nuove forme di attivismo internazionale che sostengano concretamente i palestinesi e ne diffondano il più possibile le ragioni.

Verrà maggio, e in nome dei tanti che sono morti per difendere un popolo offeso, persone differenti tra loro e provenienti da ogni parte del mondo riprenderanno il mare. Tutte insieme, perché la solidarietà non ha frontiere e cresce anche per l’esempio lasciato da chi non c’è più: restiamo umani.

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La giustizia ingiusta

Leggo La disobbedienza civile di Thoreau (del 1848) e ripasso in sottofondo le icone dell’ingiustizia di stato, da Antigone ad oggi.

Leggo parole di un secolo e mezzo fa, mentre in Italia inizieranno settimane difficili, con leggi che continueranno il loro iter di scardinamento della democrazia. A partire dalla giustizia che diventerà ingiusta, in un ossimoro doloroso per tutti, tranne che per un despota e i suoi sostenitori scellerati.

Mentre si spera nel miracolo di gesti  eclatanti (obiezione fiscale, boicottaggio di tv e aziende di “famiglia”, sciopero generale immediato), si chiederebbe a quei pochi brandelli di politica ancora minimamente presentabili di presidiare il Parlamento e tutte le sedi istituzionali del territorio giorno e notte, almeno per avvicinarsi al paese reale in un’estrema prova d’appello.

Del dopo non si sa, ma al bivio in cui ci troviamo quella della ribellione civile è l’unica e ultima strada possibile.

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Dove sono gli altri?

Una parte dei massoni italiani (circa tremila) si sta riunendo a Rimini, mentre la maggioranza chissà dove si nasconde. Gli uni e gli altri, visibili e invisibili, sono un fenomeno che oggi, tra criminalità varie, fuori e dentro lo stato, e crollo verticale della democrazia, rischia di essere poco percepito.

Eppure molte logge sfuggono al censimento degli affiliati, all’esplicitazione dei motivi dell’affiliazione, dell’organizzazione interna e dei fini. Di fronte a questo il mio rifiuto è totale, per un sentire non elitario e un agire esplicito e mai parallelo, alternativo o sostitutivo delle regole del vivere civile.

Tredici anni fa fui contattata, direttamente e senza preavviso, da un esponente di una loggia. Da poco coprivo un posto pubblico di qualche responsabilità. Rimasi molto sorpresa e rifiutai con nettezza, cominciando a dire nell’ambiente come la pensavo. Purtroppo ricordo reazioni tiepide e anche un po’ preoccupate, ma non per me.
Detto questo, si fanno carriere strabilianti all’ombra delle logge, un po’ in tutti i settori. Il principio della mutualità copre raccomandazioni di estrema efficacia, contro ogni regola e merito. Poteri e interessi massonici trasversali tengono insieme destra, centro e sinistra.
Molto di peggio, poi, si nasconde nei grandi segreti d’Italia, tra banche, finanza e politica, dalla P2 a quelle successive, tra comitati d’affari e rapporti con mafia e organizzazioni criminali ancora poco indagati e perseguiti.

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