I rottamatori della Resistenza

resistenzaUna deriva autoritaria attraversa da decenni questo paese. E’ un’energia insana che non si consuma mai e sempre si modifica, prendendo forme di superuomini e interessi al seguito, siano essi locali, nazionali o sovranazionali. E di apparati che garantiscono consenso, controllo, repressione. Istituzioni, media, forze dell’ordine e intelligence: tutti al servizio del garante di turno dei poteri finanziari e dei mercati, delle élites visibili e invisibili, delle mafie.
E la politica si adegua, cambia pelle. Forte della distanza dalle basi sociali, sdogana il cinismo, il decisionismo e la velocità di pochi uomini al comando. L’una e gli altri sono lontani dal comprendere una crisi di sistema senza ritorno. L’una e gli altri sono indisponibili all’ascolto di moltitudini, di minoranze e movimenti, trattati sempre più come massa da imbonire, depredare e reprimere.
Questa è la società per la quale i partigiani hanno combattuto? Queste la libertà e l’uguaglianza scritte con il sangue dentro la Costituzione? Quale filo lega ancora la Resistenza, la Costituzione e le rappresentanze politiche?
Anche il partito che ne ha sempre preteso paternità e continuità ha sposato da tempo un revisionismo senza precedenti. Partito ormai impresentabile, per il trasformismo e l’organicità con cui ora segue la scia del ventennio berlusconiano e fascista.
Quel filo non c’è più, rottamato insieme ai valori fondanti di un paese che si voleva civile, ridotti a vuote parole di marketing, elettorale e personale. Come la Resistenza, anch’essa parola di marketing e di retorica insieme, per vuote commemorazioni di facciata.
Sfilano immagini senza carne e parole senza sostanza, alle quali resistere in nome della Resistenza.

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Ghigliottina e voto di scambio

ghigliottinaGhigliottina: non c’è nome più adatto per un meccanismo (regolamentato al Senato e alla Camera no, eppure anche lì utilizzato) che impedisce alle opposizioni parlamentari di esprimersi. I politici, si sa, sono anche capaci di nomi efficaci e inquietanti.
Per Wikipedia la ghigliottina è “una macchina per la decapitazione di persone condannate alla pena capitale”. Appunto. La ghigliottina stacca le teste dai corpi e le fa rotolare: fine della vita, fine di ogni pensiero.
Nel Parlamento italiano la ghigliottina produce il taglio del pensiero delle opposizioni.  Un rito estremo e pericoloso per la democrazia, eppure di nuovo utilizzato ieri, in Senato, impedendo a un gruppo di opposizione (i Cinque Stelle, e altrimenti chi?) di esprimersi contro la sostanza di un provvedimento che prevede, guarda caso, una riduzione delle pene per il voto di scambio politico-mafioso. Per inciso, tale riduzione ha l’effetto di evitare ai politici collusi con la mafia sia il carcere sia l’interdizione a vita dai pubblici uffici.
In imminenza di elezioni, una decisione simile rischia di essere di per sé oggetto di voto di scambio. Sembra un paradosso, un cortocircuito: un cambiamento che, svuotato di efficacia, diventa il suo contrario, cioè un favore a chi si dice di voler combattere.
Che qualcosa non torni lo capisce anche un bambino.
Intanto la maggioranza ghigliottina chi dovrebbe controllarla, tagliando teste pensanti. E magari obiettando che i Cinque Stelle non hanno teste pensanti. O che un’opposizione numerosa e legittimamente eletta può anche diventare un’inutile, dannosa perdita di tempo. Specie per chi non ha sempre voglia di stare in Parlamento .
Non sa, quella maggioranza, che così facendo rischia di condannare anche se stessa a ghigliottine future? Perchè se la democrazia parlamentare diventa un guscio vuoto, riempito con pressioni varie e decretazioni d’urgenza, con provvedimenti volutamente abnormi e confusi, vanificando minoranza e camere in favore di un governo e di una repubblica monocratici, il rischio che corre e che ci fa correre è altissimo.
Eppure è lì che procede imperterrita, con metodi e tatticismi maneggiati con tracotanza, con false buone intenzioni e anche sorrisi per la stampa. Va avanti così, ma per dove?

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Lo stato del superpremier

Berlusconi-renziIl modello emergenziale applicato in Italia alla gestione delle catastrofi naturali e dei disastri ambientali, delle grandi opere e degli eventi (poteri straordinari, urgenza e deregolamentazione, militarizzazione e ordine pubblico su territori e popolazioni) si è ormai diffuso al punto da rafforzare i vertici di tante amministrazioni (con funzioni super per sindaci, presidenti, commissari e manager), anche nella gestione di beni e servizi sempre più lontani dai cittadini.
Questo modello, complice una crisi economica e di sistema prodotta dagli stessi soggetti che oggi dichiarano di volerla superare, va estendendosi all’impianto istituzionale e costituzionale del paese. Per gravità ed urgenza si legittima il superomismo prima di Berlusconi e poi di Renzi, con l’aggravante di un patto tra ai due, sostenuto dai relativi partiti anche in carenza di legittimazione elettorale.  Renzi, e con lui uno stuolo di trenta-quarantenni similfuturisti, abbraccia la velocità di azione, il vuoto riflessivo e il cinismo rampante mediaticamente giocati con la convinzione tipica dei bari. E punta a una legge elettorale e a un assetto istituzionale sempre meno rappresentativi dei cittadini e sempre più sistema di nominati. Vedi gli organi provinciale e camerale delle autonomie, ad esempio, non elettivi ma cosiddetti “di secondo livello”. E una Costituzione piegata al modello del superpremier Renzi (definito “sindaco d’Italia” per legittimarne il disegno accentratore e autoritario), così gradito a Berlusconi, a qualche loggia e ai soliti poteri forti, nazionali e internazionali.
Tutto ciò sta avvenendo con l’appoggio dei media e con la grancassa di chi, salito sul carro in corsa, cerca ora di trarne vantaggio.
C’è chi ha combattuto per darci una repubblica parlamentare e una Costituzione da paese libero e civile. Non si può correre il rischio che i padri costituenti vengano oggi sostituiti da personaggi così spregiudicati e privi di spessore politico. Perché si affermi la coscienza di questo pericolo va sostenuta la campagna di Libertà e Giustizia, unica voce chiara e forte in un silenzio davvero preoccupante.

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